In questo libro racconto i primi tre mesi di vita con mio figlio, fra incubatrici, fili, sonde e luci artificiali. Un bimbo prematuro e inatteso. È lì che si è deciso cosa sarebbe stato della sua e della mia vita. Se una disgrazia o un’avventura. Francesco è nato con la sindrome di Down. Davanti al vetro della neonatologia ho cominciato un lungo, appassionato, rabbioso dialogo con lui, ‘colpevole’ di non corrispondere alle mie aspettative.
Prima di lui, ero un uomo di ‘velocità’. Ottenevo successi facilmente. Consideravo il dolore l’espressione materiale della sconfitta e dell’infelicità. Attraverso di lui ho capito tante cose. Le sue iniziali difficoltà mi hanno aperto il cuore e insegnato la modestia e il rispetto per ogni creatura. Intendo dire che, se io ho messo al mondo mio figlio, lui per certo, attraverso la prova che ha accompagnato la sua nascita, mi ha rimesso nel mondo della vita. Una vita lenta ma senza paura. L’unica vita che ha un senso vivere, per quanto banale tutto questo possa apparire ai più. E grazie a lui ho capito forse la cosa fondamentale: che la sindrome di Down non è una malattia, ma una particolare condizione genetica.
Diventare padre di una fragilità mi ha obbligato a un cambiamento. Sono stato costretto ad appropriarmi di una ricchezza d’umanità che non mi sarà mai più tolta. Seneca sosteneva che, per quanto sottile sia un foglio, presenta sempre due facce.
Mio figlio mi ha permesso di capire quanto ciò sia vero. Quel cromosoma in più gli permette di realizzare cose che per gli altri sono complicatissime e gli rende complicate (talvolta impossibili) cose che i più considerano elementari.
Ho scritto questo libro per passare agli altri un’esperienza, quella dell’accogliere la debolezza, la fragilità e l’imperfezione, perché si vince attraversando il mondo insieme ai deboli. Buona lettura. Dario Fani
Prima di lui, ero un uomo di ‘velocità’. Ottenevo successi facilmente. Consideravo il dolore l’espressione materiale della sconfitta e dell’infelicità. Attraverso di lui ho capito tante cose. Le sue iniziali difficoltà mi hanno aperto il cuore e insegnato la modestia e il rispetto per ogni creatura. Intendo dire che, se io ho messo al mondo mio figlio, lui per certo, attraverso la prova che ha accompagnato la sua nascita, mi ha rimesso nel mondo della vita. Una vita lenta ma senza paura. L’unica vita che ha un senso vivere, per quanto banale tutto questo possa apparire ai più. E grazie a lui ho capito forse la cosa fondamentale: che la sindrome di Down non è una malattia, ma una particolare condizione genetica.
Diventare padre di una fragilità mi ha obbligato a un cambiamento. Sono stato costretto ad appropriarmi di una ricchezza d’umanità che non mi sarà mai più tolta. Seneca sosteneva che, per quanto sottile sia un foglio, presenta sempre due facce.
Mio figlio mi ha permesso di capire quanto ciò sia vero. Quel cromosoma in più gli permette di realizzare cose che per gli altri sono complicatissime e gli rende complicate (talvolta impossibili) cose che i più considerano elementari.
Ho scritto questo libro per passare agli altri un’esperienza, quella dell’accogliere la debolezza, la fragilità e l’imperfezione, perché si vince attraversando il mondo insieme ai deboli. Buona lettura. Dario Fani