Nel processo che conduce alla creazione di un’opera d’arte, non c’è dubbio che un ruolo decisivo sia rivestito dalla componente di sperimentazione del processo stesso, che consente all’artista, attraverso la manipolazione inedita dei materiali, di giocare con le suggestioni e di generare allusivamente sempre nuovi significati.
Questo fattore è, direi, quasi costitutivo per la tipologia di materiali che compongono questa singolare e intrigante esposizione, che presenta al pubblico italiano il fenomeno poco conosciuto del fotomontaggio fiorito in Unione Sovietica nella prima metà del XX secolo sulla scia delle prime sperimentazioni cubiste nel campo dei collages. La straordinaria forza di questo linguaggio, che consisteva nel mescolare immagini preesistenti e documenti scritti, - e la sua conseguente, successiva assunzione a strumento ufficiale della propaganda politica - consiste infatti proprio nella sua apparente facilità e nella sua capacità di coniugare le esigenze visive dello spettatore con un sistema di riferimento agile e comprensibile a tutti.
Non sembra dunque un caso che questa tecnica sperimentale sia stata eletta, all’indomani della rivoluzione d’ottobre del 1917, dagli ideologi del nuovo Stato sovietico, per comunicare alle masse, poco istruite e prive di una lingua comune, i nuovi ideali politici: praticata sin dall’inizio del secolo in maniera rudimentale da modesti fotografi che, sovrapponendo diversi negativi, ambivano a creare album di fotografie-ricordo per la fine degli anni scolastici o per gli operai delle fabbriche, si connotava infatti come uno strumento noto e familiare alla popolazione e per questo tanto più efficace per diffondere i messaggi della propaganda.
Ecco allora il fiorire di combine di diverse foto o l’abbinamento comunicativamente vincente di foto e slogans politici, capace di veicolare, tramite immagini originali di grande bellezza e suggestione, il messaggio ideologico comunista: tirati in migliaia di esemplari, i fotomontaggi propagandavano così grandi realizzazioni ed imprese eroiche, ma proponevano soprattutto un modello di società e di comportamento, una linea di condotta e di pensiero.
Nel genere si cimentarono straordinari artisti, come Aleksandr Rodcþenko, Varvara Stepanova ed El Lissitsky, e i risultati furono spesso di qualità eccelsa; ma è sicuramente in questa duplice sfumatura - quasi un’ambiguità - tra la potenza comunicativa ideologica e la tecnica quasi intimista e quotidiana, che risiede il fascino di una produzione che, non a caso, ha lasciato capolavori anche in ambito cinematografico, terreno d’incontro privilegiato delle due sfere. Per gli amanti del cinema sarà pertanto particolarmente emozionante la possibilità che ci regala la mostra di vedere i fotomontaggi originali realizzati per due pietre miliari del cinema sovietico quali Kinoglaz e L’uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov.
La mostra rientra nel quadro di un fecondo accordo di collaborazione stipulato tra la Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma e la Casa della Fotografia di Mosca; dopo i riscontri ottenuti nell’ambito dell’edizione 2004 del Festival della Fotografia della città di Mosca dalle mostre Roma attraverso la fotografia dal 1850 ai giorni nostri e Segni di Roma da noi inviate per l’occasione, è dunque con particolare piacere che la città di Roma accoglie questa esposizione che rappresenta l’occasione per rinsaldare ulteriormente il già positivo rapporto di collaborazione avviato tra le Istituzioni.
Gianni Borgna
Questo fattore è, direi, quasi costitutivo per la tipologia di materiali che compongono questa singolare e intrigante esposizione, che presenta al pubblico italiano il fenomeno poco conosciuto del fotomontaggio fiorito in Unione Sovietica nella prima metà del XX secolo sulla scia delle prime sperimentazioni cubiste nel campo dei collages. La straordinaria forza di questo linguaggio, che consisteva nel mescolare immagini preesistenti e documenti scritti, - e la sua conseguente, successiva assunzione a strumento ufficiale della propaganda politica - consiste infatti proprio nella sua apparente facilità e nella sua capacità di coniugare le esigenze visive dello spettatore con un sistema di riferimento agile e comprensibile a tutti.
Non sembra dunque un caso che questa tecnica sperimentale sia stata eletta, all’indomani della rivoluzione d’ottobre del 1917, dagli ideologi del nuovo Stato sovietico, per comunicare alle masse, poco istruite e prive di una lingua comune, i nuovi ideali politici: praticata sin dall’inizio del secolo in maniera rudimentale da modesti fotografi che, sovrapponendo diversi negativi, ambivano a creare album di fotografie-ricordo per la fine degli anni scolastici o per gli operai delle fabbriche, si connotava infatti come uno strumento noto e familiare alla popolazione e per questo tanto più efficace per diffondere i messaggi della propaganda.
Ecco allora il fiorire di combine di diverse foto o l’abbinamento comunicativamente vincente di foto e slogans politici, capace di veicolare, tramite immagini originali di grande bellezza e suggestione, il messaggio ideologico comunista: tirati in migliaia di esemplari, i fotomontaggi propagandavano così grandi realizzazioni ed imprese eroiche, ma proponevano soprattutto un modello di società e di comportamento, una linea di condotta e di pensiero.
Nel genere si cimentarono straordinari artisti, come Aleksandr Rodcþenko, Varvara Stepanova ed El Lissitsky, e i risultati furono spesso di qualità eccelsa; ma è sicuramente in questa duplice sfumatura - quasi un’ambiguità - tra la potenza comunicativa ideologica e la tecnica quasi intimista e quotidiana, che risiede il fascino di una produzione che, non a caso, ha lasciato capolavori anche in ambito cinematografico, terreno d’incontro privilegiato delle due sfere. Per gli amanti del cinema sarà pertanto particolarmente emozionante la possibilità che ci regala la mostra di vedere i fotomontaggi originali realizzati per due pietre miliari del cinema sovietico quali Kinoglaz e L’uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov.
La mostra rientra nel quadro di un fecondo accordo di collaborazione stipulato tra la Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma e la Casa della Fotografia di Mosca; dopo i riscontri ottenuti nell’ambito dell’edizione 2004 del Festival della Fotografia della città di Mosca dalle mostre Roma attraverso la fotografia dal 1850 ai giorni nostri e Segni di Roma da noi inviate per l’occasione, è dunque con particolare piacere che la città di Roma accoglie questa esposizione che rappresenta l’occasione per rinsaldare ulteriormente il già positivo rapporto di collaborazione avviato tra le Istituzioni.
Gianni Borgna