Mentre continuano a raccogliere applausi e gratificazioni da folle di spettatori e addetti ai lavori, gli spettacoli teatrali creati da Tindaro Granata diventano finalmente un libro dove trovare traccia scritta delle sue originali drammaturgie. A cominciare dall’avventurosa epopea, in un dialetto siciliano molto vicino a noi, di “Antropolaroid”: in cui il fervido autore-attore si scatena nell’attingere dal passato un prisma di tesori affettivi e biografici, al fine di coglierne i celati splendori per quanto possano essere stati confitti nel buio di esistenze vissute con fatica, sofferenza e traumatica efferatezza. Violenze e traumi che ricorrono pure nel successivo testo, “Invidiatemi come io ho invidiato voi”, emergendo di volta in volta con glaciale mostruosità a trafiggere una scrittura accidentata, fitta di errori e storpiature, in modo da ricostruire il parlato malandato dei protagonisti di un tragico fatto vero di pedofilia. Il trittico di drammi si chiude poi con l’affondo problematico e intenso portato da “Geppetto e Geppetto. 1 papà + 1 papà = un figlio?”: ovvero, il sogno di avere un figlio da parte di una coppia di omosessuali, messo a duro confronto con lo sguardo degli altri e di una società condizionata e impaurita dalla sfida grande che comporta l’amare.
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