L’Ottocento fu tutto un grande dilagare di idealismi che aspiravano a realizzarsi in una concreta libertà d’intenti e di vita; epici eventi che coinvolsero tanti Paesi europei in luttuosi conflitti per ritrovare la pace.
Quasi proiettati verso una globale concezione di “unità”, i grandi Cuochi prestavano la loro opera trasferendosi presso eminenti Famiglie nobili europee arricchendosi di nuovi saperi.
Di uno di questi, un piemontese affermatosi come Capo-cuoco in Casa Savoia, ma di cui si è persa memoria, si sono ritrovati molti manoscritti in cui dichiarava che: “solcando l’Europa gastronomica dagli ultimi decenni dell’Ottocento ai primi del Novecento, avvalendosi dell’autorevolezza della propria qualifica”, poté “ottenere dai grandi cuochi, operanti presso alcune famiglie nobili Europee e prestigiosi ristoranti stranieri, le loro ricette ottocentesche più segrete, a volte facendole vergare dai medesimi ideatori”.
Raccolse inoltre innumerevoli ricette scritte dal pugno stesso degli autori, cospicua eredità di coloro che lo avevano preceduto nel servizio di Corte, e che già avevano fatto tesoro di quanto appreso viaggiando al seguito di Sovrani e di altri nobili personaggi, non disdegnando di scrivere egli stesso preziose osservazioni indirizzate alle semplici donne di casa, con impagabili consigli tendenti ad elevare al meglio la qualità e il gusto della loro arte culinaria.
Altri manoscritti inediti spaziano fino ai primi decenni del ‘900 e sono opera dell’acume dei cucinieri di famiglie blasonate quali i marchesi Ferrero d’Ormea, i Rorà di Bibiana, oltre alle ricette realizzabili con modicissimo costo, frutto dell’inventiva di Donna Virginia Agnelli, ed alcune di Alfredo D’Andrade, il geniale architetto, in gran parte giacenti presso l’Archivio di Stato di Torino.
Quasi proiettati verso una globale concezione di “unità”, i grandi Cuochi prestavano la loro opera trasferendosi presso eminenti Famiglie nobili europee arricchendosi di nuovi saperi.
Di uno di questi, un piemontese affermatosi come Capo-cuoco in Casa Savoia, ma di cui si è persa memoria, si sono ritrovati molti manoscritti in cui dichiarava che: “solcando l’Europa gastronomica dagli ultimi decenni dell’Ottocento ai primi del Novecento, avvalendosi dell’autorevolezza della propria qualifica”, poté “ottenere dai grandi cuochi, operanti presso alcune famiglie nobili Europee e prestigiosi ristoranti stranieri, le loro ricette ottocentesche più segrete, a volte facendole vergare dai medesimi ideatori”.
Raccolse inoltre innumerevoli ricette scritte dal pugno stesso degli autori, cospicua eredità di coloro che lo avevano preceduto nel servizio di Corte, e che già avevano fatto tesoro di quanto appreso viaggiando al seguito di Sovrani e di altri nobili personaggi, non disdegnando di scrivere egli stesso preziose osservazioni indirizzate alle semplici donne di casa, con impagabili consigli tendenti ad elevare al meglio la qualità e il gusto della loro arte culinaria.
Altri manoscritti inediti spaziano fino ai primi decenni del ‘900 e sono opera dell’acume dei cucinieri di famiglie blasonate quali i marchesi Ferrero d’Ormea, i Rorà di Bibiana, oltre alle ricette realizzabili con modicissimo costo, frutto dell’inventiva di Donna Virginia Agnelli, ed alcune di Alfredo D’Andrade, il geniale architetto, in gran parte giacenti presso l’Archivio di Stato di Torino.