Ennesima fatica per Luciano Galassi, che ormai ci ha abituati alle sue scorrerie nel dialetto e nella vita di Napoli. Questa volta, l’autore ha preso il coraggio a due mani gettandosi a capofitto nel turpiloquio, nella dissacrazione di quanto per un napoletano – e non solo – ci sia di più sacro: la mamma e la sorella. Ne viene fuori, come di consueto, un quadro vivido della napoletaneità: pare di sentirne i suoni, le intonazioni, di vederne perfino l’inconfondibile gestualità. E il tutto, nonostante la delicatezza del tema, senza che mai le pagine scivolino nel volgare, ma sempre mantenendo l’autorevolezza dello studioso e dell’appassionato di lingua napoletana.
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