Un’ idea, che fu di Paolo Mattia Doria, viene ripresa e sviluppata alla luce delle riflessioni di intellettuali italiani e stranieri: a Napoli virtù e vizi sono diversi che altrove, e ciò dipende dalla storia della città, dalla forma urbana, e secondo alcuni, anche dal clima. Abbiamo esaminato le interpretazioni che i napoletani danno di due vizi, la lussuria e la gola, e delle virtù antitetiche, la castità e la temperanza: ci siamo serviti, per l’esame, dei documenti della letteratura, dell’arte, e delle canzoni e delle massime della saggezza popolare. E poiché i piatti tipici della cucina napoletana sono fatti, diceva Mario Stefanile, non solo di ingredienti, ma anche di sentimenti e di simboli, abbiamo abbinato a ogni vizio e a ogni virtù un menù, e abbiamo cercato di spiegare le ragioni delle nostre scelte. L’identità dei Napoletani si può scoprire anche attraverso queste strade. Il libro tenta di avere, come tutti i libri seri, un ritmo giocoso: non so se ci riesce. Almeno, ci ha provato.
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