Giovenco era un piccolo negozio di ortofrutta situato in via Villareale, nel pieno centro cittadino di Palermo, che esponeva negli scaffali del proprio locale, in qualsiasi periodo dell'anno, primizie di eccellente qualità che poi commercializzava (pure su semplice richiesta telegrafica anche a personaggi molto noti di tutto il mondo, come capi di Stato, attori, cantanti...).
In quanto a prezzi era proprio un gioielliere, ma le cose belle e buone, si sa, vanno pagate.
Dopo la sua chiusura (in altro precedente periodo di crisi economica) a Palermo è arrivato il buio gastronomico e non si trovavano più molti odori che solo Giovenco vendeva.
Ciò fino all'arrivo della gastronomia etnica. Con l'apertura dei nuovi ristoranti cinesi, giapponesi, tunisini finalmente le erbe più usate sono tornate sui banchi degli storici mercati alimentari e anche dei supermercati, soprattutto i più grandi e forniti dove è possibile trovare i lime (altrimenti andati nel dimenticatoio del dopo-Giovenco), i litchi, il cerfoglio e il dragoncello, le patate vitelotte e così via dicendo.
Qui non ho voluto elencare ricette (o non solo quelle), ma parlare di cucine alternative a quella tradizionale, con i pregi e i difetti di ciascuna di quelle trattate.
Un escursus storico, gastronomico, etnologico e culturale della cucina del dopoguerra, una digressione sui mutamenti del gusto e sulle sue manipolazioni da parte delle industrie. Una divagazione sugli aspetti sensoriali della vita...
In quanto a prezzi era proprio un gioielliere, ma le cose belle e buone, si sa, vanno pagate.
Dopo la sua chiusura (in altro precedente periodo di crisi economica) a Palermo è arrivato il buio gastronomico e non si trovavano più molti odori che solo Giovenco vendeva.
Ciò fino all'arrivo della gastronomia etnica. Con l'apertura dei nuovi ristoranti cinesi, giapponesi, tunisini finalmente le erbe più usate sono tornate sui banchi degli storici mercati alimentari e anche dei supermercati, soprattutto i più grandi e forniti dove è possibile trovare i lime (altrimenti andati nel dimenticatoio del dopo-Giovenco), i litchi, il cerfoglio e il dragoncello, le patate vitelotte e così via dicendo.
Qui non ho voluto elencare ricette (o non solo quelle), ma parlare di cucine alternative a quella tradizionale, con i pregi e i difetti di ciascuna di quelle trattate.
Un escursus storico, gastronomico, etnologico e culturale della cucina del dopoguerra, una digressione sui mutamenti del gusto e sulle sue manipolazioni da parte delle industrie. Una divagazione sugli aspetti sensoriali della vita...