L’attualità del Tango quale parodia dell’esistenza, dell’equilibrio con se stessi e con l’altro, che si esplica nella capacità di far incontrare e bilanciare forze all’origine estranee per creare un equilibrio terzo, non dato dalla semplice somma dei due che si cedono, ma generato dalla moltiplicazione delle potenzialità altrui e proprie, ha condotto la mia ricerca, ponendomi però nella posizione di osservatore, e quindi solitario, delle coppie che ballano, direi vivono, questa danza. La mia condizione di solitudine, di donna e la difficoltà ad imitare così questa danza, è rimasta impigliata nel setaccio della mia sensibilità quasi violentandomi e costringendomi a sperimentare, in tutti i movimenti a cadere del tango da sola, la mancanza di armonia intrinseca nell’essere protesa verso l’altro, senza che l’altro sia presente ad opporre la sua spinta. In questa condizione di solitudine fisica diviene inoltre impossibile non entrare in ascolto del proprio corpo e non tradurre in sentimento quel piede che scivola troppo indietro sul pavimento perché non è tenuto dalla gamba, e quindi dall’amore, dell’altro.
(Edizioni ARPANet)
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